Dieta senza glutine e lattosio
Le intolleranze alimentari sono sempre più diffuse fra la popolazione occidentale, sia negli adulti sia nei bambini. In particolare la celiachia, malattia cronica che colpisce
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Le intolleranze alimentari sono reazioni avverse nei confronto di determinati alimenti da parte dell’organismo. A dispetto di quanto accade con le allergie, questa reazione non dipende dal sistema immunitario. Altra importante differenza tra l’allergia e l’intolleranza riguarda la reazione dell’organismo, che nel secondo caso è molto meno severa.
Solitamente infatti l’intolleranza si manifesta come un malessere scatenato dall’ingestione di particolari cibi, che l’organismo trova difficoltà a digerire. In linea di massima infatti i sintomi tra più frequenti delle intolleranze alimentari troviamo gonfiore, dolori addominali, diarrea e digestione lenta.
Le intolleranze alimentari si distinguono in enzimatiche e farmacologiche. Le intolleranze enzimatiche sono conseguenza dell’incapacità dell’organismo di digerire un certo alimento a causa di carenze degli enzimi coinvolti nella digestione dello stesso.
Si parla invece di intolleranze farmacologiche quando i disturbi si manifestano a causa della presenza nel cibo ingerito di sostanze ad attività farmacologica, quali ad esempio le amine vasoattive, l’alcol etilico e la caffeina.
Generalmente le intolleranze alimentari si presentano con disturbi dell’apparato digerente e/o manifestazioni cutanee. I sintomi più frequenti sono:
I sintomi possono presentarsi con tempi diversi. È possibile ad esempio che alcuni sintomi compaiano saltuariamente mentre altri sono sempre presenti. Allo stesso modo, le manifestazioni possono verificarsi a poche ore dall’ingestione dell’alimento non tollerato, oppure a distanza di giorni.
La severità dei sintomi dipende dalla quantità di alimento non tollerato assunto, nonché e dall’eventuale concomitanza di altri fattori.
Non esistono ad oggi delle analisi specifiche per l’individuazione di un’intolleranza. Il metodo utilizzato è quindi quello della dieta di eliminazione, un regime alimentare restrittivo che vede l’eliminazione di tutti gli alimenti sospettati di causare i sintomi di intolleranza riscontrati sul paziente.
Questa dieta può protrarsi per un periodo che va dalle 2 alle 8 settimane, dopodiché si procede con la reintroduzione dei vari gruppi di alimenti, uno alla volta. Se reintroducendo un determinato gruppo di alimenti si ha una ricomparsa dei sintomi, allora questo è il responsabile dell’intolleranza.
Solo una volta individuati gli alimenti che danno intolleranza, sarà possibile formulare una dieta specifica e bilanciata. Dieta che deve essere redatta da un medico. Gestire autonomamente un’intolleranza alimentare può risultare infatti molto pericoloso, specie per chi è affetto da altre patologie.
Spesso a chi presenta i sintomi di un’intolleranza sono proposti dei test serologici che misurano i livelli di IgG relative ad uno specifico alimento. Si tratta di esami che non hanno valenza scientifica, dato che l’incremento delle IgG è una normale risposta dell’organismo a fronte del consumo di uno specifico alimento.
È tuttavia necessario precisare che in alcuni casi limitati è possibile diagnosticare l’intolleranza alimentare con test specifici. Le situazioni più comuni riguardano l’intolleranza al glutine e quella al lattosio.
Per l’intolleranza al glutine (celiachia) è stato infatti definito un iter diagnostico ben preciso, che prevede innanzitutto le analisi relative al dosaggio ematico di particolari anticorpi ed autoanticorpi, tra cui gli anticorpi anti-endomisio e la transglutaminasi anti-tissutale.
Dato che a differenza delle normali intolleranze alimentari, la celiachia prevede un intervento del sistema immunitario, se i livelli di tali anticorpi sono più alti della norma, probabilmente il soggetto è celiaco. Tuttavia per una diagnosi certa sono necessarie altre analisi.
Generalmente l’iter diagnostico prosegue con altri test specifici, tra cui ricordiamo il breath test al sorbitolo per concludersi con la biopsia duodenale. Quest’ultimo è l’esame che lascia minor spazio ad errori nell’ambito dell’interpretazione dei risultati.
In caso di intolleranza al lattosio invece si procede generalmente con un esame genetico oppure con un breath test. Quest’ultimo è il test più utilizzato, poiché consente di ottenere un risultato più preciso in merito all’effettiva presenza dell’intolleranza, conseguenza di una carenza dell’enzima lattasi. Il test genetico invece ci fornisce dati in merito alla predisposizione del soggetto di sviluppare un deficit di lattasi.
Le intolleranze alimentari più frequenti sono quelle al glutine, ai lieviti e al lattosio. L’intolleranza al glutine (da non confondere con l’intolleranza al grano) è nota anche come celiachia e rappresenta una condizione parafisiologica, che si manifesta come una difficoltà dell’organismo a digerire gli alimenti contenenti questo nutriente proteico.
A fronte dell’ingestione di glutine l’intestino si infiamma e si innesca una reazione del sistema immunitario. Questa inutile e spropositata attivazione del sistema immunitario comporta l’accorciamento dei villi intestinali, strutture deputate all’assorbimento dei nutrienti che rivestono la mucosa intestinale.
L’intolleranza al lattosio invece si deve ad un deficit di lattasi. Enzima deputato alla digestione dello zucchero presente nel latte e nei latticini, il lattosio appunto.
Per quanto attiene all’intolleranza ai lieviti, questa è tra le intolleranze alimentari più controverse. La comunità medico-scientifica infatti non riconosce questa diagnosi. In ogni caso si parla di intolleranza ai lieviti quando un soggetto riscontra difficoltà nella digestione di alimenti lievitati, non presentando però alcuna allergia o intolleranza dimostrabile ad alimenti assunti insieme ai lieviti (intolleranza al frumento, celiachia, ecc.).
Vi sono vari metodi per la gestione delle intolleranze alimentari, ma quelli più affermati sono due: la dieta ad eliminazione e la dieta a rotazione. In entrambi i casi si tratta di schemi dietetici mirati a favorire la remissione dei sintomi e il progressivo recupero della tolleranza nei confronti dell’alimento non tollerato. Ragione per cui è fondamentale affidarsi ad un medico e non utilizzare diete fai da te.
La dieta ad eliminazione prevede la totale esclusione dall’alimentazione dei cibi non tollerati per circa 2 settimane. Dopodiché si passa dalla fase di sospensione alla rieducazione dell’organismo. Nel giro di qualche giorno gli alimenti eliminati vengono lentamente reintrodotti nella dieta. Si tratta di un regime piuttosto facile da seguire, poiché non sconvolge le abitudini alimentari del soggetto.
La dieta a rotazione invece prevede uno schema più rigido. Abbiamo infatti la totale astinenza dall’alimento non tollerato per tre giorni consecutivi, a cui segue un giorno in cui si assunzione libera. Dopo il quarto giorno vi saranno quindi altri tre giorni di astinenza, e così via. In questo modo si attua una sorta di costante disintossicazione dell’organismo nei confronti dei cibi mal tollerati.
È importante specificare che i suddetti schemi dietetici riguardano esclusivamente le intolleranze alimentari e non possono essere applicati per le allergie. L’allergia alimentare infatti può causare reazioni anche molto pericolose (anafilassi), ragione per cui è fondamentale evitarne l’ingestione.
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